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• ATTIVITA' OIPA: giustizia per Daniza
DANIZA E GLI ORSI TRENTINI: LA LUNGA BATTAGLIA
30/4/15
Giustizia per Daniza non è ancora stata fatta, ma siamo ancora in prima linea e la chiediamo a gran voce. Il primo concreto segnale positivo è arrivato martedì scorso quando il Gip di Trento ha accolto l’opposizione alla richiesta di archiviazione del caso Daniza depositato dalla Procura di Trento che l’OIPA e oltre 40 associazioni avevano presentato nel dicembre scorso, decidendo di procedere contro l’unico imputato, il veterinario Ivo Casolla, che non avrebbe gestito correttamente la crisi di ipossiemia mortale sopraggiunta dopo che Daniza è stata narcotizzata.
In considerazione della richiesta di oblazione avanzata dall’imputato (al momento accettata solo in parte), l’OIPA si augura che il giudice non prenda in considerazione detta richiesta per la violazione dell’art.544 bis CP (reato di uccisione di animale) e che, sulla base della documentazione fornita dalle associazioni animaliste, che dal primo minuto della vicenda si sono interessate al caso, l’istanza venga rigettata e si istruisca finalmente il processo penale. Processo che renda giustizia all’orsa uccisa e valuti tutto quanto sia già stato acquisito agli atti.
Ma il caso Daniza è solo la punta dell’iceberg di una lacunosa e superficiale gestione degli orsi da parte della Provincia di Trento. Vogliamo infatti puntare l’attenzione sulla grave situazione dell’orsa DJ3, figlia di Daniza, protagonista di una serie di incursioni in val Rendena nel 2011, e per questo catturata e confinata nell'area del Casteller, recinto di 8 mila metri quadrati (l’estensione di circa un campo da calcio) circondato da fili elettrici, dove prima di lei era stata segregata la più famosa orsa ribelle, Jurka.
L’area sarebbe destinata al ricovero temporaneo degli orsi in situazioni d’emergenza, ma è diventata la gabbia a cielo aperto di DJ3, un animale che in natura percorrerebbe decine di chilometri al giorno. Ma non è l’unica prigione per orsi trentina: da aprile 2013 nell’angusto e insalubre canyon di San Romedio è stato trasferito Bruno, un orso bruno proveniente dal Parco nazionale d’Abruzzo e divenuto un mezzo per rilanciare il santuario di san Romedio non solo come luogo religioso ma anche come meta turistica.
Questi provvedimenti tradiscono lo spirito del progetto Life Ursus e sono volti a sfruttare l’immagine dell’orso limitando però tutto ciò che lo rende tale perché problematico da gestire. Ecco perché faremo il possibile per ridare a questi animali la dignità che meritano.